Il disegno della figlia diventa prova chiave nel processo del padre per violenza sessuale.
La giustizia ha recentemente segnato un capitolo importante a Chieti, dove un padre di 39 anni è stato condannato a 7 anni di reclusione per violenza sessuale aggravata nei confronti della propria figlia minorenne.
Il caso ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica non solo per la gravità dei fatti ma anche per come le prove sono state raccolte e valutate. In particolare un disegno realizzato dalla vittima che ha avuto un ruolo cruciale nell’incastrare l’imputato.
Bimba abusata dal padre: la denuncia e le indagini
La storia ha inizio nell’estate del 2019, quando una bambina, figlia di genitori separati, trascorre alcuni giorni in compagnia del padre.
Al ritorno dalla visita, la minorenne si confida con la madre, raccontando di aver subito abusi. La reazione della madre è stata immediata. Affidandosi a una struttura specializzata, ha permesso l’avvio di un’indagine che ha portato alla luce la verità sulle violenze subite dalla figlia.
Il caso è stato inizialmente gestito dalla questura del comune di residenza della famiglia, nel nord Italia, per poi essere trasferito a Chieti, dove risiedeva l’imputato. Gli elementi chiave che hanno contribuito alla condanna dell’uomo sono stati, oltre al racconto della bambina, alcuni disegni da lei realizzati. Secondo quanto interpretato dagli psicologi, questi sono delle manifestazioni del trauma subito.
Queste opere infantili hanno rappresentato una prova significativa, confermando il racconto della piccola e contribuendo a delineare il quadro delle violenze.
La sentenza: una condanna a 7 anni di carcere
Le indagini, condotte con la massima attenzione dai poliziotti della seconda sezione della squadra mobile di Chieti, specializzata nei reati contro la persona e ai danni di minori, hanno portato alla condanna del padre a 7 anni di carcere, su richiesta di una pena più severa, 12 anni, da parte del sostituto procuratore Marika Ponziani.
Oltre alla pena detentiva, l’uomo è stato anche condannato al risarcimento dei danni, la cui quantificazione sarà definita in una sede separata.
Questa sentenza rappresenta non solo un importante passo avanti nella lotta contro la violenza sui minori ma anche un esempio di come la giustizia possa fare affidamento su prove atipiche, come i disegni dei bambini, per far luce su verità difficili da raccontare.